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Milioni di esseri umani in tutto il mondo coltivano il riso e ancora oggi milioni di loro lo trasformano in alimento con gli stessi strumenti che utilizzarono i loro antenati, così come operavano anche i primi "pilatori" in Italia, agli albori della risicoltura, durante il XV secolo. I ricordi si perdono, sfuggono alla memoria anche di coloro che videro nelle valli padane i propri padri o i nonni pestare il riso in pileria nella buca con il pistone e pulirlo con i "gribi". Strumenti antichi che le moderne riserie hanno gettato e dimenticato rivivono nel ricordo di chi al tempo ne scrisse e con fatica e con amore si dedicò a questa arte. L'organetto o la grolla, il rompireste o lo sciassetto erano, con l'elica, gli strumenti di un tempo mediante i quali era offerto alla tavola il riso reso bianco e, talora, più bello, forse più buono di quanto non sia offerto oggi. Sono perduti gli strumenti e sono dimenticati alcuni tipi di riso che, brillato, oleato o camolino, erano l'orgoglio dei risieri dei secoli scorsi. Argomentare di questa arte da ieri rimandata a oggi sia pure con strumenti differenti è portare il ricordo dei risicoltori, dei pistaroli agli operatori di oggi, per non perdere le tracce.