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Un tranquillo pranzo di Pasquetta con gli amici, e un mal di gola improvviso. Torniamo a casa: una medicina e sembra andar meglio, almeno fino a quando, tre sere dopo, un altro malessere mi assale. Dopo una notte travagliata mi risveglio immobilizzata dal dolore: ho la pressione bassa, la febbre alta e qualche macchietta rossa sulla pelle. Segue la corsa in sirena all'ospedale di Rivoli, dove arrivo in codice rosso: "Donna giovane in shock settico". L'intervento è tempestivo e molto professionale; io soffro, ma sono lucida e collaboro. Non riesco a muovermi e se mi toccano sobbalzo. L'emergenza è palpabile: tutti mi stanno addosso, preoccupati; i miei cari, con i volti piangenti e atterriti, mi guardano supplichevoli, incoraggiandomi a resistere. Io sono bloccata e stordita dall'atroce dolore, supina, con lo sguardo al soffitto che, non lo so ancora, manterrò per i successivi otto giorni. Proprio in quel momento penso che mi stia sfuggendo qualcosa: sarò mica al classico bivio tra la vita e la morte? Nel caso, che cosa fare? Lottare e resistere, oppure abbandonarsi al dolore? Ripercorro la mia vita, che scorre veloce nella mente. È venerdì 26 aprile 2019: la fine o un nuovo inizio?