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Tre figure care all'immaginario collettivo per motivi e sensibilità diverse: Barack Obama, Sergio Marchionne, John Elkann, si ritrovano a giocare un ruolo determinante per il rilancio di Fiat Auto, un marchio e una storia di imprenditoria e di management tanto affascinante quanto controversa. A tentare una interpretazione convincente e lontana da ogni ossequio della sfida Fiat-Chrysler è una mente lucida e disincantata: quella di Riccardo Ruggeri, a 19 anni operaio a Mirafiori, a 56 artefice della fusione delle società Fiat e Ford nella New Holland, un colosso nelle macchine agricole e di movimento terra, che l'autore ha guidato da Londra con risultati eccezionali fino alla quotazione a Wall Street, nel 1996. Ruggeri non chiede a Marchionne di scoprire le sue carte: ha troppa stima dell'uomo e del suo coraggio nel cogliere come opportunità quello che altri hanno concordemente giudicato un azzardo. Piuttosto si impegna in una operazione che per potenza di analisi e attenzione al contesto non ha eguali: perché conosce da dentro il mondo Fiat, perché frequenta manager e imprenditori del settore in tutto il mondo, perché ha guidato un turnaround che da una situazione pre-fallimentare in tre anni ha portato un profitto netto di 600 milioni di dollari; inoltre ha una familiarità non comune con motori, pianali, prodotti, mercati, clienti. Ne esce un racconto che non è né ovvio né scontato.