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La figura di Giacomo Carissimi (1605-1674) riveste un ruolo di rilievo del tutto particolare nella cultura musicale italiana, tra i non molti a vantare una fama quasi ininterrotta dal suo tempo alla contemporaneità. L'impatto della lezione carissimiana fu considerevole in patria, ma più ancora a livello europeo: la solidissima fama del maestro romano e le aperture oltr'alpe legate al suo incarico di maestro di cappella presso il Collegio Germanico indussero a intraprendere un periodo di studio a Roma molti musicisti stranieri, poi destinati a grande celebrità nei paesi di provenienza. E se appare manifesto l'influsso diretto di Carissimi in compositori del calibro di Johann K. Kerll e Christoph Bernhard per la Germania, Michel-Richard de Lalande e Marc-Antoine Charpentier per la Francia, questi, a loro volta, contribuirono a diffonderne e ampliarne il successo internazionale. Questa realtà, quasi unica per la sua portata tra i compositori del Seicento italiano, è documentata significativamente dalla singolarissima mole di testimoni manoscritti e a stampa prodotti fuori dall'Italia e conservati nei più prestigiosi fondi musicali delle maggiori biblioteche europee, da Malta alla Francia, alla Polonia, alla Russia. Altrettanto densa di significati sul piano storico e della fortuna dell'opera risulta l'enorme quantità di fonti con attribuzioni a Giacomo Carissimi, che fu pure membro della Congregazione di Santa Cecilia, all'origine dell'odierna Accademia, che nell'anniversario della nascita (2005) ha voluto celebrarlo con un convegno in cui studiosi italiani e stranieri si sono confrontati su diversi aspetti che spaziano dalla diffusione e ricezione, alle attribuzioni e alle tradizioni testuali, presentando in quell'occasione un numero sostanzioso di testimoni manoscritti e a stampa fino ad allora sconosciuti.