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"Ogni mattina faccio una corsa nel parco e divento più veloce e leggera a mano a mano che avanzo, dopo un po' i muscoli non mi appartengono più, sono corde di un'arpa che suona da sola e musica si sprigiona dalle foglie che calpesto. Ormai l'ultima prigione è il corpo, vorrei che fosse un velo appena, vorrei che il peso della mia carne si riducesse a niente. Vorrei salire sulla bilancia, scorgere la lancetta mettersi in moto per una vibrazione appena, poi, inesorabilmente, tornare a segnare zero. Come se non esistessi". Si esprimono nell'anoressia le profonde ferite interiori e le tensioni della protagonista. La sua autoanalisi fa riemergere le vicende traumatiche dell'infanzia con una madre disturbata e un padre abusante; le prime esperienze sessuali e le avventure con gli uomini, il desiderio di sedurli e dominarli unito a una confusa e dolorosa consapevolezza di essere incapace di amare; i rapporti con le figure femminili. Assume contorni sempre più definiti l'avventura intensamente erotica con un misterioso giardiniere nepalese. Qui il romanzo scivola decisamente nel noir: un noir a forti tinte il cui scioglimento lascia la protagonista come svuotata, nel rimpianto di quell'illusione di vita che una relazione pur mortifera aveva fatto balenare in lei.