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Una raggelante scia di delitti, a opera di mano ignota, in una "tranquilla" cittadina lontana dall'onore delle cronache: e in una città di provincia, si sa, basta la notizia (falsa) di uno scippo per scatenare l'allarme. E con esso la voluttà repressa di assistere finalmente a qualcosa se non di clamoroso, almeno di notiziabile: è su questo sfondo che prende corpo il fantasmagorico I delitti dell'angelo, romanzo poliziesco di Filippo Gemignani. L'autore, con raffinata conoscenza delle tecniche del genere e capacità di riprodurre le dinamiche dell'indagine di polizia, ci porta sulla tracce di un inafferrabile killer seriale che, dai suoi misfatti, sembra aver scelto per sé la parte del giustiziere. Ma quello che rende i Delitti dell'angelo un noir non convenzionale è l'ironia che pervade il libro e ne rivela l'autore come lettore del miglior Fonseca. E una serie di elementi "metafisici" che aggiungono suspence e mistero: il killer lascia infatti inquietanti citazioni bibliche vergate col sangue dei giustiziati sui luoghi del delitto, e ogni omicidio è annunciato inspiegabilmente su una sporca scacchiera, su cui compare ogni volta "qualcosa di indefinibile".