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C'è una cittadina calabrese. Ci sono uno scrittore romano e un giudice corrotto terrorizzato all'idea di essere scoperto. E ci sono le famiglie della 'ndrangheta, che uccidono o lasciano in vita per calcolo economico e per mantenere o conquistare il potere. In una realtà che sembra immobile e invece si muove sottoterra al suono di armi da fuoco e coltelli, intimidazioni e punizioni esemplari, il tribunale salta in aria. Urla, sangue, paura. Nessuno è innocente. Lo scrittore precipita un mondo in cui la violenza e la vendetta sono legge, l'onore è rispettare il vincolo di sangue, la forza è sopportare. Resta schiacciato tra la scoperta di un secolo di nefandezze e uno scontro impietoso tra forze dell'ordine, 'ndrangheta, servizi segreti, politici, terroristi libici, rappresentanti del clero, massoneria e mezzi d'informazione. Giocato su due piani che si alternano continuamente fino a incrociarsi - la storia di sei famiglie che si combattono, e si ammazzano dalla fine dell'Ottocento e l'intrico delle vicende presenti - "Canne mozze" è un romanzo brutale e al tempo stesso ironico, esattamente come la società che rappresenta, è il racconto corale di cento anni di mafia calabrese, è una saga germogliata dalla storia vera di un ragazzo fuggito dalla Calabria a quattordici anni per salvarsi da miseria, fame e sopraffazione.