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Gli anni Novanta non sono stati un periodo fortunato per il metal: bistrattato, ridicolizzato e trascurato dal grande pubblico in favore di altri generi come il grunge o il cosiddetto "alternative rock", l'hard'n'heavy ha dovuto stringere i denti mentre i suoi gruppi portabandiera cercavano di rimanere sulla breccia nonostante le lodi della critica e le vendite si fossero fatte più scarse. È in questo periodo che gli Iron Maiden hanno vissuto i loro momenti più duri. Dall'abbandono del chitarrista Adrian Smith, avvenuto proprio all'inizio del decennio, a quello del cantante Bruce Dickinson tre anni più tardi, che ha portato all'ingresso in formazione di Blaze Bailey e al discusso album "The X Factor" - il più cupo e atipico nella carriera del gruppo. Anni non prolifici per la vergine di ferro, che si è ritrovata a pubblicare più raccolte di successi (tra antologie e dischi dal vivo) che album in studio; ma invece di gran spolvero creativo per Dickinson, che ha dato vita a un percorso solista costellato di ottimi e memorabili lavori, prima di rientrare in forze alla sua vecchia band nel 1999. In "Fear of the dark" Martin Popoff analizza e racconta ognuno di questi dischi con il suo consueto stile senza peli sulla lingua, corredando il tutto con aneddoti e dichiarazioni di prima mano, accompagnandoci in un salto nel buio alla riscoperta di una parte della storia degli Iron Maiden ingiustamente poco considerata e su cui non si era ancora scritto abbastanza.