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L'apertura, la breccia che ogni rivoluzione apre, rompe il continuum, e la banalità del normale reagisce opponendo all'irruzione della luce nuova la sua stessa opacità - negando i tagli delle ferite, sigillando i varchi. Per questo, accettando la provocazione di Deleuze e Guattari, potremmo dire che è vero, "il 68 non ha (ancora) avuto luogo". Ma il 68 è un modo di dire una esperienza del Possibile - politico, filosofico, artistico, esistenziale - che non solo è accaduta, ma ha investito la realtà con la potenza rapida e catastrofica di una tempesta, provocando un cambio repentino nello stile di vita, nel modo di vestire, di fare e ascoltare musica, di parlare. Suggestionando le movenze del corpo, rendendo meno impacciati i movimenti e i ritmi esistenziali e quindi il modo di amare. E di fare politica, andando "fuori di casa" e condividendo sensazioni nelle esperienze condivise dei concerti e delle manifestazioni. Pertanto abbiamo assunto il 68 come un evento "il cui spirito non ha mai smesso di soffiare" (Jean-Luc Nancy), per riuscire a vedere con altri occhi e a misurare con altre parole il nostro presente.