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Come un alieno in missione sulla Terra, Alexandra Kleeman è di nuovo atterrata sul nostro pianeta. Nel suo romanzo d'esordio, «Il corpo che vuoi», in molti hanno visto una potente allegoria della nostra civiltà malata: ora, con la stessa inquietante lucidità, Kleeman osserva al microscopio dodici brandelli di un mondo che, seppur nostro, riconosciamo a stento. La raccolta, suddivisa in tre parti, esplora il corso della vita umana dal principio alla fine: il disagio di nascere in un mondo già formato; il breve lasso di tempo che ci è concesso per capire che cosa il mondo si aspetti da noi e accontentarlo; l'attimo in cui si realizza che la fine è vicina e ancora si è ben lungi dall'aver svelato il mistero dell'esistenza. Il titolo del libro è un omaggio a «Ode: intuizioni di immortalità nei ricordi dell'infanzia» di William Wordsworth, tuttavia non è chiaro che cosa vi si intuisca, e di qualunque cosa si tratti ha di certo ben poco a che vedere con una dolce promessa di immortalità. Immersi in un contesto familiarmente misterioso i personaggi di questi racconti si trovano a vivere situazioni e stati d'animo nuovi e spiazzanti: una donna è prigioniera di una vita preconfezionata in una stanza senza uscita; l'apocalisse opera per sottrazione, il mondo si svuota sotto gli occhi di chi lo abita; l'arte della danza è utilizzata come mezzo per addomesticare un ragazzino selvatico; la chiave per uscire vivi da un party è saper distinguere il sangue vero da quello finto.