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In lontananza Arianna sente il passaggio di un treno ed improvvisamente nella sua mente si fa strada un ricordo lontano: un trenino elettrico percorre una galleria naturale prima di giungere in un salone sotterraneo sulle cui pareti si inseguono degli stupendi animali preistorici: mammut, bisonti, rinoceronti che sembrano appena realizzati. In fondo all'enorme antro una diaclasi, e lì, sopra quella diaclasi, come una vulva che conduce all'utero della terra, la figurina stilizzata di un uomo, piccolo, insignificante rispetto alla bellezza e alla maestosità degli animali che si rincorrono e si incrociano nella grotta. Come se gli umani dovessero essere ancora partoriti da quella vulva che affonda direttamente nel grembo della terra madre. Il cordone ombelicale non era ancora stato reciso, l'uomo era parte della natura, come la vegetazione, come gli animali di cui si nutriva e che riproduceva per rendergli omaggio come a degli esseri superiori da cui dipende la propria vita. L'età dell'innocenza in cui gli animali e la natura non erano ancora stati spodestati e l'umanità bambina vi si sottometteva con stupore.