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Nel momento in cui schermi di tutte le dimensioni da quelli grandi come un orologio, ai grandi video-wall di Times Square a New York o di Shibuya a Tokyo, ci accompagnano in tutta la nostra giornata, a casa, a passeggio, in macchina e in treno, definendo anche una nuova demarcazione tra pubblico e privato, non ci si può non interrogare sul loro significato culturale. Per fare questo secondo Huthamo è necessaria un'indagine di archeologia dei media. Infatti laddove il marketing insiste sempre sul carattere innovativo e futuristico di tali apparecchiature, l'archeologia dello schermo svela che in realtà molti dei essi non sono poi così nuovi nella loro concezione, ma al contrario ereditano impostazioni o riproducono soluzioni già avanzate in passato. Questo significa anche che queste presunte novità vanno lette nell'ambito di una vera e propria tradizione sociale e tecnologica che va interrogata e compresa.