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Nel 1865, qualche anno dopo l'unificazione politica e monetaria, l'Italia firmò un accordo con Francia, Belgio e Svizzera per uniformare i rispettivi sistemi monetari, dando vita all'Unione latina. Essa resterà in vita fino al 1926, ma andò in crisi già negli anni settanta dell'ottocento, per la caduta del prezzo dell'argento. Furono necessari correttivi all'impianto originario, che ne risultò snaturato, fino a perdere di significato, tanto da essere mantenuto in vita solo per evitare i costi della sua rottura. Gli storici hanno spesso messo in evidenza i limiti dell'Unione latina, legati alla previsione di regole poco stringenti, mentre andrebbe riconosciuta l'intrinseca problematicità delle unioni monetarie. L'Italia è inoltre accusata di aver violato le regole e indebolito l'alleanza. In questo lavoro, condotto attraverso l'esame dei processi verbali delle conferenze che portarono agli accordi, si mostra come tale accusa appaia infondata e come i nostri rappresentanti del tempo, pur da una condizione di subalternità, siano riusciti a tutelare l'interesse nazionale.