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Osservatore del mondo, attivo da anni e in primo piano nel nostro giornalismo, Paolo Madron, già autore di libretti d'opera, esordisce in poesia con un libro molto omogeneo e nettamente caratterizzato. Un libro di poesie d'amore, si direbbe, e in fin dei conti a buon diritto, come è facile dedurre già ad apertura di pagina. Ma sappiamo bene che l'amore è il grande tema e al tempo stesso il migliore non tema della lirica, da sempre. È in sostanza la macrometafora che esprime il più intenso e necessario rapporto del soggetto con l'altro, con l'altro da sé, col mondo. È in questo quadro, in questa dimensione, che si colloca, senza infingimenti, che si articola nelle sue diverse scene, questo libro. Scene, appunto, come parti di una commedia sempre aperta, nella quale Madron vive un'esperienza di intensa relazione con una figura femminile, chissà se reale o immaginaria. Una figura che parrebbe essere il paradigma femminile, perfetto con tutti i suoi difetti, s'intende, che inevitabilmente diviene il punto di riferimento del quotidiano esistere, il corpo di gioia e di continuo attrito senza il quale è impossibile questa stessa gioia. Per non dire questa stessa vita.