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Tra gli inevitabili smarrimenti (sostanziati nella prima parte) e la percezione che la gioia non aspetta domani (espressa nei componimenti della seconda) si situa questa scrittura, che proviene da una sempre più matura - ed inevitabilmente amara - consapevolezza del "poco nel molto" che distingue il nostro tempo, come tutti i tempi a precedere il nostro passaggio ed ugualmente tutti i tempi che ci seguiranno; perché l'uomo resta intriso della propria es¬senza e dei propri significati, pure nel mutare degli scenari che lo accompagnano. Ecco che gli smarrimenti divengono domande per raggiungere in consapevolezza i giorni delle gioie, minime eppure dense di valore e di valori, nell'intuizione che tutte è passaggio è trasformazione, sostanza che si fa forma e forma che trasforma la sostanza.