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Critico come Gobetti del conservatorismo liberale italiano, Guido Dorso intese contribuire con "La rivoluzione meridionale" alla formazione di una élite democratica e autonomista che avrebbe dovuto guidare un grande movimento di emancipazione del Mezzogiorno. In contrasto con il sistema di potere giolittiano e in linea con la tradizione democratico-risorgimentale di Mazzini e di Cattaneo, Dorso riteneva necessario «completare la rivoluzione liberale del Risorgimento». E le masse contadine meridionali - una grande riserva umana oppressa e perciò potenzialmente rivoluzionaria - avrebbero potuto distruggere «il trasformismo, le dittature personali ed il prepotere della burocrazia».