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Nel suo articolo Against Intertestuality del 2004, pubblicato in Philosophy & Literature, William Irwin sostiene che l'intertestualità dovrebbe essere «cancellata dal lessico degli umanisti sinceri e intelligenti». Secondo l'autore, invece, applicazioni corrette delle teorie dell'intertestualità possono rivelarsi particolarmente fruttuose, in particolare se applicate alla letteratura premoderna, prodotto di epoche in cui le relazioni tra testi e il processo di trasmissione della cultura erano radicalmente diversi da quella moderna. Un approccio al concetto classico e medievale di imitatio e æmulatio alla luce delle teorie dell'intertestualità può fornire nuovi elementi sulle modalità (intertestuali, interdiscorsive) del processo dantesco di imitatio nella Commedia. Analizzando un particolare topos della tradizione classica che è presente e ricorrente nella Commedia, quello del locus amoenus, l'autore mostra come l'analisi intertestuale faccia luce non solo sulle modalità di trasmissione della tradizione classica attraverso il tardoantico e il Medioevo, ma anche sulla cultura medievale in toto, inquadrandosi perfettamente nella specifica visione del mondo e della vita umana che il Medioevo possedeva. Secondo l'autore, il topos del locus amoenus è impiegato nella Commedia allo scopo di riassumere e condensare, e in ultima analisi alludere a, i valori e l'intera visione del mondo dell'antichità pagana, un referente-chiave alla tradizione classica nel suo insieme. L'autore propone di usare, al posto del termine «intertestualità», per certi versi datato, ma soprattutto limitato, l'espressione «imitatio intertestuale/interdiscorsiva», che coglie meglio la complessità dell'uso dell'antico strumento retorico nel poema dantesco. Recenti strumenti digitali come Digital Dante (digitaldante.columbia.edu), mostrano il perdurare della rilevanza della ricerca sull'imitatio intertestuale/interdiscorsiva nella Commedia al giorno d'oggi, aprendo nuove prospettive di ricerca.