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«Colpisce, nel dizionario di Gennaro De Falco, l'altissima frequenza dei termini toponomastici. E dei nomi di città, paesi, strade, piazze, quartieri dove l'autore ha vissuto o è passato. Perché il suo è, almeno nella prima parte della silloge, un libro della memoria... una sorta di diario a ritroso dove, talvolta, avviene di incontrare un "tu" destinato a connettere chi parla con chi manca. [...] nelle poesie accade come se l'asse unitario dello spazio-tempo si spezzasse in due e percolasse gradualmente verso il primo elemento della coppia. Che sembra, con sorpresa, il momento essenziale, il punto fermo attorno cui ruota, gira ogni cambiamento: a fronte di un tempo che passa e trascorre, i luoghi dello spazio restano, stanno sempre lì. [...] i momenti più tesi di queste pagine sono proprio quelli nel quali un passato paradossalmente morto e intatto e un presente ancora vivo e forse già in via di passaggio o dismissione vengono a incrociarsi. Ognuno dei due cede e prende qualcosa all'altro. E allora quanto sta qui sembra, per un attimo, confondersi con quanto è già avvenuto. Quanto è vicino con quanto è lontano. Chi c'è con chi non c'è più. Dando al lettore un lievissimo, favoloso senso di vertigine.» (dalla prefazione di Mario Santagostini)