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"Un succoso inizio, il primo poemetto del libro 'Rime spurie / rime corrive', in cui emerge l'intenzione dell'opera, e la lingua scintillante ne fa brillare solforinicamente lo spirito, che inscena in realtà solitudine, difficoltà di vita dal gruppo primario della famiglia alla comunità della storia e del mondo. Una messa in scena della famiglia e dei suoi rapporti, una commedia in cui l'autore si diverte amaramente con una lingua volutamente coltogoliardica e eufuistica: divinità qui non solo Ariosto, ma lo Shakespeare eufuistico, il genialetto university wit. Zero lamento, assenti languori, nostalgie, e anche l'ironia è muscolosa, non seclusa. A Paolo Bonfiglio non interessano i meandri o le zone buie del linguaggio, ma il racconto. Il racconto, il narrare, che è nerbo di tanta poesia di primo piano, e si pone all'opposto del prosastico, della poesia minimalista o peggio. 'Il magistero delle madri' è una delle poesie che spiccano per originalità, drammaticità, e per la particolare commistione di ironia giocosa e profondo dolore che segnano i versi di questo autore che si inscrive, con canonica quanto rara commistione, nel non frequentatissimo girone, o capitolo, dei poeti tragoludici. Ma esiste anche un Bonfiglio puramente lirico, che invoca la notte, che abbandona il suo felice e caustico caleidoscopio per ridiscendere alla lingua primeva del bambino prima che divenisse ragazzo, e che il poeta adulto ascolta, culla e raccoglie." (dalla prefazione di Roberto Mussapi)