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"Salvatore Contessini ci comunica, fin dalle prime poesie, la sua condizione esistenziale, che si potrebbe dire libera da ogni "costrizione" letteraria, entrando immediatamente, e in modo necessariamente imprevedibile, in rapporto con il lettore, qualificandosi non come maestro o guida, ma semplicemente come compagno di viaggio che racconta per chiedere un gesto o una parola di approvazione o di dissenso, nella speranza che questo avvenga. Spesso i suoi testi sembrano aspirare al silenzio, consapevole però che la poesia del silenzio non è una poesia dell'assenza, ma, in realtà, significativa di quei momenti necessari a se stesso per comprendere ciò che è stato fatto e quello che ancora resta da fare. E l'altrove, il luogo dello spirito che è sempre da ritrovare e riconoscere, il luogo che comunque permette di ripartire, nella certezza che la poesia è in grado d'indicare la strada. Un "libro-reportage", connesso, e non può essere diversamente, con l'esistenza, o meglio, forse, con quello che si crede degno di essere messo a "profitto e ricordo" in una poesia. C'è un lavoro propositivo nel suo fondo, un dire che ricupera e tramanda un'idea di corresponsabilità tra poeta, canone e lettore, con un "gergo" che solo al poeta appartiene: nella circolazione sanguigna dei versi dell'autore scorre la felicità della scrittura, una gioia "attuale" che non dimentica il lato oscuro della realtà e il "dovere" di non dimenticare qualcosa o qualcuno." (dalla prefazione di Piero Marelli)