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«Attitudine onnivora e perimetrale quella di Cusa in questo "Il surrealismo della pianta grassa", appetito famelico che si mette a monitorare il presente con la stessa vis ribollente del suo drumming. Non è un caso evidentemente che Cusa abbia portato spesso sul palco i suoi scritti alternandoli ai suoi batterismi, in una sorta di gioco incrociato in cui la musica si fa verbo e il verbo si fa "colpo sulle pelli". Il riferimento a Pico della Mirandola non vuol essere semplicemente dissacrante. [...] L'assoluta novità della riflessione di Mirandola è proprio nel relativismo etico e in quella "instabile libertà" di cui anche Cusa, in queste pagine, così come nelle sue performances discografiche, si fa instancabile vessillo. Non è importante il tema, né il suo peso specifico, quanto la predisposizione di analisi dello spettro, la voglia di ruminare il mondo, il tentativo (a volte riuscito, altre meno) di bisturizzare le cose che accadono». (dalla prefazione di Valerio Corzani)