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La città si presenta dalle origini chiusa nella cinta muraria che assume grande importanza per la formazione della civitas: fino alla fine del sessantennio aragonese, le vicende sono viste secondo la logica della città murata. Con la fine della dinastia aragonese, a cui subentrò l'impero spagnolo, Napoli vedrà crescere il numero degli abitanti, il formarsi di quella numerosissima plebe, magma sempre temuto per le vulcaniche, improvvise esplosioni di collera incontrollabile, e il consolidarsi del potere feudale, causa di arretratezza. La grande metropoli meridionale abbandona dal XVI secolo il carattere della città rinascimentale, per assumere sempre di più quello di grande centro di consumo. Acquista una popolazione sempre crescente proveniente dalle campagne, attratta dai privilegi e diventa la seconda città d'Europa dopo Parigi, sempre però chiusa all'interno delle mura. Con il regno di Carlo di Borbone, che sottrae Napoli agli Austriaci dal 1734, la città ridiventa capitale, terza città d'Europa dopo Parigi e Londra, e si arricchisce di grandiose opere e di vivaci espressioni culturali; ma sempre una numerosissima plebe vive in simbiosi parassitaria con l'aristocrazia. La grande vicenda è affrontata con una visione generale, nella quale il riscontro delle imposizioni fiscali rende comprensibile il disastro economico del meridione vicereale, e lo sviluppo urbanistico determina un modo di vedere "abusivo" che si mantiene costante nel tempo. Il libro narra le trasformazioni urbane in età moderna e contemporanea, fino al dopoterremoto e oltre, offrendo più di un motivo di riflessione per le scelte urbanistiche.