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La nozione di "esercizio" è il nodo centrale della teoria antropologica. Attraverso un confronto con la filosofia di Epitteto, la natura umana è presentata nel testo come capace di elaborare ipotesi su di sé e costretta a immaginare luoghi di allenamento per tali ipotesi. La vita umana valuta se stessa poiché il soggetto, vivendo, inciampa nella doppia domanda: Cosa posso fare della vita? Come devo vivere? In altre parole, perché non sa come usare questa vita e le sue facoltà. In questo quadro il soggetto umano si costituisce a partire dall'esperienza di una vita indisciplinata e che sfugge al controllo. La vita del soggetto non è, dunque, solo un insieme di esercizi, usi e progetti, di "io devo" e di "io voglio" che mantengono il controllo, ma è anche un'apertura al vuoto della contingenza e della fortuna. Partendo da queste premesse l'autore propone un'interpretazione dell'esercizio filosofico, inteso come un continuo tentativo di prendere confidenza con la distanza che separa "progetto" e "vita". Un prendersi cura della distanza da sé, lasciando cadere lo sforzo di poterla, in qualche modo, colmare.