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«Di fronte alla possibilità concreta dell'utopia» si legge nell'Introduzione della "Dialettica negativa" «la dialettica è l'ontologia della condizione falsa». Con queste parole Adorno presenta la sua opera di maggior respiro teoretico e lo fa prestando volontariamente il fianco a tutte le critiche che a partire dagli anni immediatamente successivi alla seconda Guerra sono piovute sul suo pensiero: ai filosofi puri, che lo criticavano per la sua commistione con il mondo delle cose, ai marxisti ortodossi, che lo tacciavano di astratto utopismo, e alla nascente filosofia analitica, che vedeva nella dialettica un'astrusa riproposizione dei vizi argomentativi del pensiero metafisico. La Dialettica negativa assume allora i tratti di un'opera eretica, che si stacca da ogni tradizione e si pone di traverso rispetto alle correnti egemoni. E come tale è stata letta fin da subito. Questo libro ha invece l'obiettivo di mostrare la continuità che lega la "Dialettica negativa" alla tradizione filosofica del primo Novecento e il grande debito che Adorno ha contratto con quelli che, da amici o da nemici, ne hanno segnato il pensiero.