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Le poesie di Francesco sono pensieri elettrici che scivolano come treni in corsa e navi in fuga. Le parole vagano, cigolano, esplodono come mine vaganti. I battiti del cuore si innescano nel cervello e raccontano giorni intensi di sapori perduti, di attese, di speranze, di delusioni, di rabbia per ingiustizie subite. Ma non mitizza la poesia: con un po' di autoironia riconosce che le parole sono comode sedie su cui sedersi e stare delle ore a pensare a nuvolosi pensieri. E qualche volta, per comunicare verità drammatiche, usa anche paradossi che fanno sorridere: "un'aureola d'angeli mi ride addosso e non c'è neanche un buon diavolo con cui parlare".