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Correva l'anno 1985 e già da diverso tempo la mia richiesta a casa era sempre la stessa: "Mamma, papà... voglio andare all'estero!". Un bambino di neanche dieci anni dovrebbe desiderare la bicicletta o un pallone da calcio, andare allo stadio o altre amenità simili. No, per me il più bel sogno realizzabile era "andare all'estero". Non importava neanche dove. A me interessava varcare i confini nazionali, avere un timbro sul passaporto, leggere le insegne in qualche carattere strano e ascoltare una lingua diversa dall'italiano.