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La questione circa la capacità di futuro delle donne e degli uomini oggi non è affatto un interrogativo retorico. Anzi, il rischio che l'umano possa implodere tra l'"inumano- e il postumano invoca un ripensamento delle istanze di un differente umanesimo. In tal senso, l'ipotesi di fondo del presente lavoro è che, nel leggere il nostro tempo come luogo di una transizione antropologica, è quanto mai opportuno indicare nell'umanesimo cristiano un possibile modello di superamento di un presente asfittico, perché possa contribuire a riscrivere la biografia culturale, sociale, politica, religiosa dell'umanità del nostro tempo. Da questa angolatura, il testo tratteggia un triplice percorso. In primo luogo, l'attenzione a un'ecologia integrale per la quale l'uomo diviene protagonista di una ricostruzione della casa comune. In secondo luogo, la riconfigurazione dell'identità della persona segnata dal limite e dalla fragilità quali condizioni per una trasformazione dell'esistenza che sappia puntare al bene comune e al riconoscimento dell'altro. Infine, la riscoperta di essere abitati da una trascendenza che consente di abitare diversamente il mondo e la storia, nella relazione accogliente del Dio amante della vita. La scommessa è nel riattivare l'utopia cristiana dell'umano riscrivendo le parole chiave del lessico umanistico e generando un pensare all'altezza di un mondo aperto e ospitale. Cambiare rotta è, quindi, possibile e urgente. Si tratta di riscoprire la preziosa eredità dell'umanesimo cristiano, affinché l'uomo inedito faccia finalmente il suo ingresso nella scena della storia.