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Sulla loro pelle si scrive, sulla loro pelle si genera consenso, sulla loro pelle si specula, sulla loro pelle si litiga: mai come oggi la questione migratoria sta cambiando il dibattito politico, mettendo addirittura in dubbio il ruolo dell'Unione europea. Distorta dalle fake news, stravolta da una narrazione tossica, la materia soffre anche per la cronica assenza del doppio sguardo, capace cioè di raccontare quello che sta accadendo in Africa: se infatti la crisi migratoria di questo decennio è stata caratterizzata inizialmente dagli esodi siriani, oggi il flusso momentaneamente tappato in Libia nelle galere dei trafficanti è quello che scorre dalle rotte africane. La sete, la fame e i piedi che fanno male, la sensazione di alienazione, la paura di non farcela: su 20 milioni di persone in movimento ogni anno in Africa in cerca di opportunità di lavoro e vita migliori, solo 2 milioni si dirigono verso nord. Ma la popolazione africana in due anni raddoppierà, quella europea resterà stabile. Occorre allora rivedere le politiche migratorie che non possono limitarsi a chiusure, muri e a spaventare i cittadini, ma devono trovare un equilibrio tra la libertà di restare, quella di partire e le necessità europee di manodopera, di preservazione del welfare e della identità. Serve una nuova visione per crescere con reciproci vantaggi, cambiando i paradigmi: una visione alla quale la Chiesa cattolica ha offerto molti contributi, perché, d'altra parte, siamo tutti migranti..