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Il volume critica la dicotomia politico/giurisdizionale spesso utilizzata per classificare i sistemi di giustizia costituzionale; ricorda che in ciascun sistema convivono, al lato di caratteristiche giurisdizionali, forme "politiche" di controllo della legge, e altre funzioni conferite alle Corti costituzionali che non sono tipiche della giurisdizione; soprattutto, sottolinea che la stessa nozione di giurisdizione è tutt'altro che nitida. Critica altresì la dicotomia concentrato/diffuso, utilizzata per classificare i sistemi di giustizia costituzionale; ricorda che già molti autori hanno proposto di tenere in conto altri elementi, come il bene protetto, la vicinanza agli interessi sottesi, l'efficacia diretta delle pronunce, ecc.; suggerisce però di considerare "pertinenti" ulteriori fattori importanti a fini tassonomici, come il parametro e l'oggetto del giudizio di costituzionalità. Nega inoltre che, in via di principio, sia possibile classificare i modelli di giustizia costituzionale considerando un solo elemento. Sulla base di un'analisi dei sistemi di giustizia costituzionale operanti nel mondo, suggerisce infine alcune modalità per raggruppare in classi duttili gli stessi, incrociando le singole classificazioni proposte, al fine di misurarne la "forza" in ciascun ordinamento. Ne risulta una sovraesposizione della giustizia costituzionale rispetto agli altri poteri e agli stessi poteri costituente e di revisione, avallata in dottrina da teorie della costituzione che confidano in valori metafisici per limitare l'origine popolare della democrazia.