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Negli anni si assiste ad un progressivo aumento degli episodi di violenza verbale, tanto nei rapporti tra privati quanto nella sfera pubblica, non solo nei diversi contesti nazionali, ma anche sul piano transnazionale, in particolare per effetto dei nuovi modelli di comunicazione digitale. Il volume, muovendo da una sintetica ricognizione di alcune recenti questioni giurisprudenziali, si sofferma sul rilievo della libertà di parola all'interno degli ordinamenti democratici, con riferimento sia alla tutela dei singoli consociati e delle minoranze, sia al soddisfacimento dei bisogni dell'intera collettività. Dopo un'analitica ricostruzione del concetto di hate speech sulla base dell'attuale panorama normativo e dottrinale, viene esaminata in dettaglio l'effettiva portata delle garanzie alla libertà di espressione previste a livello nazionale, europeo ed internazionale, nonché in alcune esperienze straniere. Ciò al fine di prospettare un criterio generale di selezione dei beni costituzionali idonei ad operare come limiti impliciti alla freedom of speech, senza trascurare le possibili ricadute della ricostruzione offerta sul controllo esperibile dai Giudici costituzionali, anche in prospettiva de iure condendo.