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In una delle rare pagine della civilistica italiana dedicate alla metodologia dell'insegnamento del diritto, Emilio Betti indica come criterio direttivo dell'insegnamento universitario del diritto (non già il "nudo apprestamento di nozioni", ma) la formazione di una peculiare disciplina mentale, che definisce il "pensare da giuristi". L'autore del presente volume - procedendo nella direzione di questo autorevole insegnamento - sostiene che la definizione della suddetta specifica modalità di pensiero, irriducibile in termini meramente intellettualistici, sia tutta racchiusa nel significato della parola "prudenza" all'interno della locuzione "giurisprudenza" (largamente utilizzata nella denominazione dei corsi universitari di diritto). Qui la prudenza, nel solco di una tradizione risalente alla "prhónesis" aristotelica, esprime la virtù del giudizio, cioè la capacità di applicare un criterio di valutazione astratto a questioni concrete. "Esercizi di prudenza giuridica", nel titolo del presente volume, sono appunto le pratiche formative tendenti ad attivare nel discente la corretta pratica di questa virtù.