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La riforma del diritto penale dell'ambiente di cui alla l. n. 68/2015 ha finito per porsi come l'ennesima occasione mancata. Dopo lustri di attesa ci si aspettava un provvedimento di più ampio respiro in grado di ridisegnare l'intero apparato sanzionatorio a tutela della matrici ambientali. La strutturazione delle nuove figure delittuose risulta inficiata da risalenti carenze consentanee all'uso di formule evanescenti che ipotizzano macro-eventi di difficile verificabilità e, soprattutto, di ardua dimostrabilità nel processo. Nonostante l'aggiramento dei principi costituzionali in materia penale - operazione già di per sé censurabile - l'intervento del legislatore appare inadeguato a soddisfare quelle esigenze di effettività della risposta che il settore da sempre lamenta.