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Che cosa costituisce il centro dell'essere umano? C'è qualcosa, ciò che i filosofi hanno chiamato l'essere necessario, che lo sorregge, gli dà un fondamento? Il libro ridisegna una psicoanalisi non ignara di queste riflessioni, proponendo al lettore un percorso ai bordi del vuoto, in compagnia di autori quali Jung, Bion, Spence, Mitchell, Fonagy, e in sottofondo Lacan. E non dimentica il filo nascosto della riflessione buddhista sul vuoto. Per secoli le religioni e il pensiero filosofico si sono cimentati su queste domande, che sono state riformulate dalla psicoanalisi: che cosa c'è nel cuore nascosto della psiche? Il suo significato su che cosa si fonda? Sul passato personale, su una storia individuale da ricostruire? E se accettassimo che l'essere umano galleggia sul vuoto e sul nulla, l'individuo potrebbe ancora trovare un significato in analisi? Delineare il vuoto al centro del soggetto non significa votarsi a un patetico sentimentalismo. È piuttosto un invito a evidenziare tutte le reti soggettive e intersoggettive (da quelle familiari a quelle sociali) in cui il soggetto è collocato dalla nascita e che lo modellano per l'intera vita. E che danno vita a un Sé che è specifico per ogni soggetto. Un frammento clinico illumina opportunamente queste tesi. Il libro ridisegna la teoria psicoanalitica, proponendo un percorso ai bordi del vuoto in compagnia di autori quali Jung (la rete di complessi e il Libro Rosso), Bion (l'immagine di O), Spence (la destrutturazione dell'interpretazione analitica), Mitchell (la costruzione del senso sulla relazione analitica), Fonagy (la soggettività nascente nella mente della madre), e in sottofondo Lacan (la desoggettivazione). Né dimentica il filo nascosto della riflessione buddhista sul vuoto, nelle sue forme più teoreticamente sviluppate del Therava - da, del Madhyamaka e del Chán (Zen). La sfida della psicoanalisi consiste nel mantenersi sul crinale: come terapia deve fornire al paziente la certezza di un Sé permanente, deve fornirgli una base sicura da/su cui partire per esplorare/(ri)costruirsi un mondo tollerabilmente vivibile - ma come analisi ha l'unico compito della metodica revisione delle identificazioni e delle identità del soggetto. Riconoscere che l'essere umano è "vuoto" significa sottolineare che il soggetto non è autofondato, ma anche riconoscergli la libertà di costruire il proprio significato. Il significato non è dato, non può essere trovato ma può essere costruito. È questa l'illusione necessaria per poter vivere, è l'illusione necessaria che sostiene ogni terapia e ogni processo trasformativo.