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Nell'ambito della storiografia italiana, non esiste probabilmente arco temporale più studiato del 1943-1948, quinquennio fondativo della Repubblica e delle sue culture politiche e partitiche di riferimento. All'interno di queste ultime - ma al di sotto della crosta delle passioni bipolari, bianche e rosse - di particolare interesse si rivela il rapporto, intessuto tanto di una opposizione furente quanto di un destino comune, tra il Partito d'azione e il Fronte dell'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini. Mentre l'Italia pone le basi del miracolo della propria rinascita, mentre il paese vira dall'opzione antifascista a quella anticomunista, si snoda la vicenda di questi due "calabroni" politici, destinati a breve vita ma a ben più lunga posterità. Ed è una vicenda capace di restituire non solo il cammino di due terze forze finite schiantate entro le elezioni del 18 aprile 1948, non solo i tratti dei loro progetti politico-culturali e del loro immaginario, ma anche in grado di consegnare alla storia "di casa" - al di là di ogni processo di beatificazione o di damnatio memoriae - un patrimonio di elementi che ne avrebbero segnato, e forse ancora ne segnano, il corso.