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"Nullius in verba" è il motto della Royal Society, la prima associazione scientifica, fondata in Inghilterra nel 1660. Per quanto forse ripreso da un vecchio verso di Orazio, questo ammonimento porta in sé i segni dei tempi nuovi e annuncia un programma di lavoro rivoluzionario. L'impegno che prescrive ai fellows del nuovo sodalizio, quello cioè di "non fare affidamento sulle parole di nessuno", ha infatti molte e immediate implicazioni. L'idea di una conoscenza basata non su ben costruite argomentazioni o su ineccepibili sillogismi, ma su fatti osservabili e sull'esplorazione diretta della natura, è la prima di esse: nessuna affermazione che non superi il vaglio della ragione sperimentale - della sperimentazione razionale, che procede in modo controllabile e ordinato - può trovare posto o considerazione in questo progetto. Ciò inevitabilmente richiama un problema di vecchissima data, quello cioè del metodo - della giusta strada da percorrere - che già nel pensiero antico era servito a distinguere la conoscenza valida da quella fallace, ma che ora assume una rilevanza e un significato molto diversi. Il libro si propone precisamente di esaminare questa riconsiderazione del problema metodologico e ricostruire il percorso lungo il quale, attraverso quella che viene di solito chiamata la "rivoluzione scientifica", si è andata definendo la consapevolezza metodologica della scienza moderna.