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Nel cuore dell'Ottocento, due intellettuali molto diversi tra loro anticipano la riflessione sul medium fotografico in quanto "tecnologia culturale". Charles Baudelaire e Oliver Wendell Holmes, sulla scia di Alexis de Tocqueville e prima di Walter Benjamin, spostano l'analisi dell'immagine sul versante della quantità e dell'apparenza. Lo sguardo acuto del poeta francese su una sponda dell'Atlantico, l'intuito e l'esperienza del medico americano sull'altra si mostrano singolarmente affini, intrecciando riflessioni e scritti, apparsi sulle pagine dei giornali dell'epoca, su una particolare tecnologia fotografica. Il volume presenta un originale confronto tra i testi dei due scrittori, generando una straordinaria dialettica "a distanza", intorno all'ipnosi collettiva scaturita dalle immagini stereoscopiche; entrambi, pur su fronti opposti e con esperienze differenti, colgono la dimensione industriale della fotografia, la nascita del pubblico moderno, la potenza immaginaria delle icone riproducibili all'infinito, la convergenza tra economia, tecnica e consumi spettacolari. In definitiva, prefigurano il destino sociale della fotografia, pronta a rinnovarsi in un contesto digitale fino alle soglie dei social media.