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Il volume racconta la storia di una famiglia, da secoli al servizio dell'Abate di S. Zeno, che fece i conti con la miseria del dopoguerra e diede avvio al commercio di rottami e materiali ferrosi recuperati dalle macerie di detriti e residuati bellici. Giuseppe, il primogenito di Luigi, trasformò questa piccola attività in uno dei più importanti gruppi industriali d'Europa, portando in esso le conoscenze apprese in quella "casa-bottega" dove i confini tra "spazio di lavoro" e "spazio privato" furono praticamente inesistenti. Al ruolo imprenditoriale lo costrinsero le precarie condizioni di salute del padre e il legame affettivo con la mamma; di suo mise il coraggio di cambiare il mondo e il sogno di costruirlo in modo semplice: come nel gioco del Meccano, ma questa volta per assemblare lunghe travi d'acciaio utili a costruire grattacieli, ponti ed edifici di ogni forma e dimensione. Le vicende dell'imprenditore s'intrecciano a quelle dell'uomo, che Giuseppe svela spaziando in ogni angolo del proprio passato con la tranquilla pacatezza della mente saggia. Ne emergono le inquietudini, e lo smarrimento, per un mondo che uccide le alleanze tra le generazioni e non riconosce agli altri di esser bravi e primi, ma l'amore per l'arte, e la coniugazione dell'utile con il bello, lo spingono ugualmente nell'inguaribile volontà di essere l'artefice del cambiamento e di gettare lo sguardo sul futuro: per dare fiducia ai collaboratori tutti e all'operato del figlio Francesco, esponente della terza generazione.