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Il senso della verità per Anna sta nel procedere per una linea retta che, da una parte ripara le cicatrici senza nasconderne i segni permanenti, dall'altra si estranea dalla cronaca cercando coraggiosamente, tra le pieghe di ciò che nessuno può dire non sia stato, di riappropriarsi dell'uomo e non del padre, anche a rischio di scomode verità. Questo porta l'autrice a prendere le distanze dalla dicotomia tra bene e male optando per il riconoscimento dei fatti così come sono accaduti, sino all'incontro con chi li ha resi possibili, ovvero il partigiano che, 73 anni dopo quella notte nera, lei incontra. Lo incontra per parlargli, per trasmettergli il proprio grumo di vissuto e ricevere il suo. Se la parola è terapeutica, lo sono ancor di più i nostri gesti quando mettono insieme l'essenziale di vite diverse trascorse nella memoria di un antico comune dolore. Ognuno di noi, ogni giorno, si trova di fronte a "sliding doors": quelle porte che, attraversate o non attraversate, ci portano da una vita all'altra. Sopra la porta della Biblioteca di Tebe vi è un iscrizione: "Medicina per l'anima". I libri sono una medicina per l'anima. Questo libro è una medicina per l'anima.