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Il canto può prendere la voce di mille suoni, sia quella della pioggia che cade o il fruscio di un petalo mosso dal vento o quella instancabile del tempo e della poesia. Il canto sta all'uomo come l'armonia al mondo. Senza non vi sarebbe che il vuoto, la soglia in cui s'inceppa ogni illusione, muore ogni speranza e sopravanza il caos. La poesia invece è ordine e conoscenza. È il canto dell'uomo solo per viversi in armonia. È la voce del tempo. Quella di Simone Martinello, in particolare, riflette il senso del vivere. È ricerca in cerca dell'uomo e forse di Dio. È il mistero che si condensa in una vertigine per approdare all'ignoto. È il viaggio verso l'approdo, in cui ogni attimo è un sospiro, una carezza, una vita vissuta o mancata. Insomma è amore. Amore che si somma a amore. Per i suoi cari, per Cheikh Sarr che ha scambiato la sua per un'altra vita, per gli umili della terra, per il curvare dei canneti in cerca dell'immenso, per il guizzo di un rondone nel cielo screziato d'azzurro. È amore per la vita, che riaffiora nel dolore come nella solitudine, ma che si condensa in un soffio qual è il respiro del canto nella sua lotta contro il tempo, per l'eternità.