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Dai pomeriggi consumati sui prati della Cittadella di Pisa, inseguendo un pallone e i suoi sogni, al tetto del mondo con un fioretto in mano e una maschera sul volto. Perché a volte il destino ti fa cambiare strada e ti conduce dove non ti saresti mai immaginato: schermitore anziché calciatore, come dire il giorno e la notte. Però ti catapulta ugualmente in una dimensione meravigliosa. Fatta di fatica, di sacrifici, di delusioni, ma soprattutto di vittorie, di medaglie, di lacrime di gioia. Che poi, comunque, facevano sempre parte dei sogni. E poco importa se l'eco mediatica non è stata la stessa: non è mai stato quello il fine, l'importante era vincere, lasciare un segno. L'autobiografia di Salvatore Sanzo - uno degli azzurri più titolati della scherma, campione e plurimedagliato olimpico, oro mondiale e tanto altro ancora - è il passepartout che ci fa entrare nella vita di un atleta d'alto livello, che ha saputo coniugare l'impegno nello sport con tutto il resto: la scuola, la famiglia, gli amici, i primi passi per costruirsi un futuro una volta chiusa la carriera sportiva. Una carriera a tutta, investendo sul proprio talento sportivo e, insieme, sulle proprie risorse, sul proprio carattere, sulla propria etica, senza paura di mettersi ogni volta in gioco. Un esempio, in pedana e fuori. Leale con se stesso, con gli avversari, con chiunque. Un campione a cui nessuno ha mai regalato nulla, un atleta che non ha mai percorso scorciatoie.