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"La vita non esiste; le cose, esistono. E c'è chi continua, poeticamente, a tenere traccia, a ritracciarsi nelle forme brevi della poesia. Una cifra stilistica asciutta sino all'eccesso, spezzata, lineare, un dripping di parole e immagini a pennello fermo; e tratti fugaci, irrimediabili. La prossimità al silenzio. Anche semplicemente una fascinazione, o mera, pura e semplice aspirazione. La parola nomina l'assenza, è costituita di assenza, ha radici e scopo nel silenzio. La scrittura si ricompone per il peso leggero di un'impronta di unità malinconica, in cui chi legge può tentare un'immedesimazione distaccata e misurata. Di più non serve: "il silenzio / ha il tuo nome / come quel niente / che hai lasciato / in queste stanze". Il silenzio necessario. Nella scrittura, però, noi siamo e poi anche non siamo. La parola scritta, la polisemia poetica, resta come distanziazione dal vissuto, una delle poche ancora possibili, con rapidità, brevità, nei bordi taglienti dei versi di Taormina. La malinconia sorge dagli estremi del paradosso. Che sappiamo veri entrambi "mi guardo / allo specchio / per leggere / la morte / come un fiore / che si apre / al sole" (Dalla nota di lettura di Massimo Barbaro).