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Otto racconti brevi compongono la raccolta di Simone Ungaro, "All'improvviso mi mancano tutti". Rappresentano una istantanea un po' mossa, lo spaccato disarmante di una logica quotidiana: equilibri sottili, mentalità esasperate dalla normalità della vita; un'esistenza che si logora in silenzio, come fa l'acqua cheta con i ponti più possenti. L'autore fa uso di una prosa scarna ed essenziale. Frasi brevi e periodi quasi elementari. Si serve di poche subordinate ed imprime alla narrazione un linguaggio quotidiano, a tratti popolare, a volte anche con inflessioni dialettali - ad esempio il racconto "Gastrite", il protagonista è un barista romano di mezza età - che dipingono il quadro di una routine nella quale ogni lettore si riconosce, tuffandocisi dentro: si rischia di affogare nelle acque alte della insoddisfazione silenziosa, dell'insofferenza urbana, della nevrosi strisciante. I temi trattati sono altrettanto comuni: interni domestici dimessi o silenziosi, piccole tragedie di poche battute, solitudini da città postmoderna, incomprensioni, risentimenti, rancori nascosti o camuffati, menage scontati, piccoli drammi familiari, paure esistenziali e frustrazioni quotidiane, cui fanno da sottofondo luoghi conosciuti, abituali, spazi stinti. Sono piccole cose. Quelle che di colpo cambiano l'esistenza dei protagonisti senza nemmeno permettere di prepararsi, condannandoli ad una esistenza che non sarà mai più la stessa ma che in realtà li lascia come prima.