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Da una parte la Napoli ottocentesca, impasto di riti del cibo e devozione ai santi, bordelli e tabernacoli; luogo ove tutto si incrocia: mare, malattia, camorra, sudiciume, leggi; grumo denso e insondabile; pulsare misterioso. Dall'altra lui, il piccolo conte gobbo, l'erudito, la mente più acuta del secolo. Incontro fatale e paradossale, occasione di un'ambigua partita tra festosità ignara della plebe e lucido argomentare del filosofo; intenta, l'una, a vivere la vita, l'altro a mostrare come essa danzi insensata sull'orlo di un fosso, di cui la luce ci oscura la vertigine.