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Il Vesuvio, ispiratore di musicisti e pittori, il cui furore ha saputo tramandarci straordinarie testimonianze di un mondo del passato, scenario di un golfo con il pino più fotografato del mondo, non ha mai fatto né fa paura a nessuno. Oggi, però, a differenza dei pompeiani del primo secolo dopo Cristo, non possiamo considerarlo un'innocua montagna provvida di grappoli e di altri dolci frutti, ma per quello che è: una spaventosa forza della natura i cui tempi di quiescenza non sono prevedibili. In tale contesto l'autore, Antonio Morrone, ufficiale superiore del corpo militare della CRI, si è incamminato cercando di mettere alla luce gli aspetti più critici di una pianificazione emergenziale nazionale per un territorio altamente antropizzato, insito di atteggiamenti di minimizzazione del rischio, di iniziative socio-culturali spesso non indirizzate alla sua reale conoscenza, di progetti come "Vesuvia" legati all'insediamento abitativo, a fronte di uno scenario in cui circa 700 mila persone, stabilmente residenti nei 18 comuni della cosiddetta "area rossa", sarebbero coinvolte in caso di deprecabile evento eruttivo.