Tab Article
Nel suo lungo e complesso viaggio artistico, Giorgio de Chirico ha rappresentato, in modo solo apparentemente paradossale, sia il pittore della scomparsa del volto umano nei volumi ovali e lisci dei manichini, che il pittore dell'autoritratto, ripetuto innumerevoli volte in una serie di variazioni sul tema. I suoi autoritratti legati al mascheramento, al doppio, all'epigrafica comunicazione di messaggi, hanno, infatti, attraversato il secolo scorso scandendone il gusto e le visioni, fino al dialogo con la grande pittura del passato. Così nell'opera di de Chirico il volto scomparirà e riapparirà, sarà parafrasato dai suoi doppi marmorei e dai suoi simulacri da atelier di sartoria e da palestra, ritroverà il passaggio del tempo sul volto dell'artista e si trasformerà nella ripresa al di là del tempo di volti già dipinti, da secoli dissolti nella polvere e condensati nella memoria fluida e immobile della pittura. Tutto questo ha tuttavia una costante comune: quell'aspetto spettrale delle persone e delle cose che, secondo de Chirico, solo l'artista metafisico col dono della profezia è capace di cogliere.