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La distorta immagine di sé; l'ossessivo autocontrollo sul corpo, sul suo peso, sul cibo da (non) inghiottire ed eventualmente vomitare; i vissuti ansioso-depressivi, i conflitti interpersonali, i disturbi sessuali e della vita affettiva in generale, il cattivo uso dell'intelligenza, la patologica strumentalizzazione della precisione e di certi ideali di irrealistico perfezionismo. Ecco, in sintesi, l'essenziale quadro di riferimento della anoressia, un autentico paradosso per la "abbondante" civiltà occidentale. Ma c'è dell'altro: il lato più oscuro del rifiuto del cibo. Sottile, quasi invisibile, accanto e dietro al sintomo fisico si muove una ridda di pensieri e soprattutto di fantasmi inconsci, imbevuti di immaturità e insicurezza, dipendenza e invidia, menzogna e manipolazione, ribellione e cattiveria. "Togliete il mio posto a tavola!" è il comando (al tempo stesso supplichevole e patetico, gelido e ricattatorio) che ben esemplifica il desiderio di controllo sul cibo e sull'ambiente familiare-relazionale, nonché i sentimenti negativi, a lungo covati e tenuti celati, che talvolta esplodono in una "cascata di rabbia", finalmente visibile. Emerge in tal modo un quadro della personalità del soggetto anoressico, il quale è perennemente in lotta: prigioniero di una muta rivolta nei confronti del mondo, oppresso da una aggressività repressa ed inespressa, portatore di un corpo che tende al "virtuale" e ad una esagerata "mentalizzazione". Prefazione di Mario Fulcheri.