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Il libro analizza I Promessi Sposi nell'Opera moderna di Michele Guardì da un punto di vista semiotico, con l'intento di superare il luogo comune che vede la riscrittura come un remake o una parodia. L'autrice, attenendosi alla linea metodologica di A. J. Greimas, dimostra come il lavoro compiuto dal regista non sia un semplice rifacimento, come molti ce ne sono stati di questa materia narrativa, bensì una riscrittura che, pur mantenendo inalterata la storia del romanzo manzoniano, origina una fusione di più codici. Nell'Opera moderna si ha infatti un'unione armonica di testo, musica e danza che rimanda a diversi generi sia letterari sia teatrali, come in un musical: per questo Guardì si è reso "autore secondo" di un testo di cui "autore primario" è Manzoni, dal momento che riscrivere significa riconoscere, dare compimento e reincarnazione a determinati valori. L'autrice individua meccanismi testuali e configurazioni discorsive, a partire da un'analisi del rapporto che intercorre tra la cultura linguistica e la televisione, finalizzata a comprendere il circuito autore-testo-lettore in cui è inserita quest'Opera; ciò si realizza attraverso l'analisi semiotica di alcune scene del testo di Guardì, messo in musica da Pippo Flora e nato dopo più di dieci anni di gestazione come ha dichiarato il regista nell'intervista rilasciata. Con la Prefazione di Marcello La Matina.