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Ferrario è il più "anziano" dei tre ed è l'unico "nordico", Luchetti e Vicari sono leggermente più giovani e "romani", ma le indubitabili differenze sono compensate da un comune "occhio" registico che li rende solerti e partecipi osservatori della realtà che li circonda nei suoi molteplici aspetti: non solo la realtà contemporanea, sociologica e politica, ma anche quella di un'Italia del passato (l'Ottocento visto dalla prospettiva di due butteri maremmani; la Resistenza; il Sessantotto) che riflette e fa capire meglio quella del presente. L'attenzione di questi autori si concentra sui microcosmi sempre interessanti e talvolta sorprendenti: le nuove generazioni e i loro problemi e speranza; i sentimenti; il bizzarro mondo del lavoro, che sia quello di un meccanico di Ostia, di una pornostar o di un portaborse politico... Il soggetto può provenire da un romanzo o essere attinto dalla cronaca oppure del tutto originale: non cambia però l'ispirazione attenta al dato sociologico. Ad accomunare i tre registi è anche il tentativo lodevole di rivitalizzare il famigerato "cinema medio" nazionale, transitando per vari generi e fertilizzandoli con originalità e personalità: la commedia giallorosa, il road movie, la commedia romantica e sentimentale, il mélo, il film "politico", il film generazionale, il film a sottofondo sportivo.