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"Gioli sembra qui voler riflettere su quanto, all'inizio della fotografia, si voleva intendere che la fotografia fosse, occhio imparziale che sembrava dovesse porsi come il contrario esatto della pittura e del suo processo creativo che richiede la disciplina della decantazione delle immagini, costretta da sempre a confrontarsi con un'idea del vero che si confonde, ancora nell'Ottocento, con l'idea aristotelica della mimesi. Nell'utilizzo degli scarti di lavorazione di altre, più antiche esperienze fotografiche, Gioli si pone in un'idea dell'arte che scardina la specificità delle forme espressive, abbatte il confine tra le tecniche. In una moderna ripresa della 'poetica degli affetti' le immagini elaborate da Gioii si pongono come oggetti che ci fanno riflettere sull'incontro tra il nostro passato e il nostro presente attraverso la sovrapposizione e la coesistenza della dualità delle immagini. Descrizioni di descrizioni, verrebbe da dire, con Pasolini, nel vedere le opere di Paolo Gioli: l'immagine - e l'emozione - più antica viene recuperata e rimessa in valore attraverso il confronto con l'immagine - e con l'emozione - contemporanea."