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Don Milani fondò tutto il suo lavoro sull'importanza del possesso della parola, perché possedere le parole avrebbe voluto dire conquistare l'autonomia intellettuale, la libertà dalla schiavitù dell'ignoranza. Prima che il tempo inghiotta le parole, è necessario dare la voce e prestare l'orecchio a coloro che hanno potuto conoscere un'esperienza unica in Italia. Questo racconto si ispira alle testimonianze di Mario Rosi, Giovanni Bellini, Maresco Ballini, Clemente Romualdi, Teopisto Bonari, Ezio Palombo. I loro ricordi ci narrano di giustizia, di libertà, di responsabilità, di studio, di conoscenza, in un pezzo di Toscana che, uscito dalla guerra, si preparava ad un'avventura industriale e sociale magnifica e pericolosa. Oggi finita. La parabola luminosa di don Milani contrasta con i limiti oscuri del nostro tempo e le voci del passato forse possono servirci, attraverso la testimonianza, ad immaginare un futuro possibile che, in realtà, era stato scritto e pensato più di mezzo secolo fa. Una rivoluzione disattesa, ma non per questo fallita. Diciamo "rimandata".